Alimenti freschi o conservati? Quando abbiamo iniziato a conservare?
Gli alimenti si conservano sin dalla preistoria.
Una recente scoperta in un sito archeologico in Israele ha fornito le prove che esseri umani anatomicamente moderni (quattrocentomila anni fa) esercitavano regolarmente la caccia, seguita da sezionamento degli animali, condivisione del cibo e successiva cottura, documentando anche le prime prove di una conservazione degli ossi per un consumo successivo, protraendosi probabilmente fino a nove settimane.
Chi non ha mai visto un cane che va a nascondere il proprio osso seppellendolo in giardino in modo che (ricordo istintivo) possa riprenderlo in caso di scarsezza di alimenti?
Ma ci sono tanti animali che hanno l’istinto e l’abitudine di conservare gli alimenti: gli scoiattoli con noci e noccioline, le formiche con i loro semini e chicchi.
Impariamo dagli animali, e lo rifacciamo in quanto esseri umani, che la conservazione può essere d’aiuto per rendere commestibili o addirittura pregiate alcune carni o alcuni frutti: si pensi ad una bella coscia di maiale che stagionata attentamente ed a lungo si trasforma in ottimo prosciutto; o si pensi ad un buon formaggio stagionato.
Si pensi ancora alla frollatura della carne che la rende più morbida e gustosa, ed alla conservazione degli ortaggi disidratati.
E gli animali non sono da meno: le formiche raccolgono frammenti di foglie, immediatamente non commestibili, e le conservano perché il tempo e le muffe li trasformino in alimenti commestibili.
E allora, conservare bene può essere utile e conveniente, per trasformare o mantenere il più a lungo possibile le caratteristiche organolettiche e sensoriali di un alimento in modo da poterlo consumare a distanza di tempo in totale sicurezza.
Si ricordi però che una corretta conservazione deve eliminare o ridurre al minimo il rischio biologico, cioè la proliferazione di batteri e microrganismi che possono causare infezioni e intossicazioni.
Fonte: quotidiano online “Il Fatto Alimentare”