L'arcano senza nome e il trionfo dei Peperoni Cruschi
“Erano stati tostati i tanto vantati peperoni al Purgatorio (che Monsignor De Luca, lucano, fece assaggiare a Papa Giovanni) tenuti appesi ai soffitti per mesi, disseccati, spolverati, schiacciati e conservati nei sacchi, infine distribuiti croccanti, paonazzi».
(Leonardo Sinisgalli)
Lo scultore Giacomo Manzù riuscì a realizzare la sua “porta della Morte” per la Basilica di San Pietro grazie a una particolare “intercessione” proveniente dalla Basilicata. Ce lo raccontano Giuseppe Palumbo e Giulio Giordano, due maestri lucani del fumetto, che ispirati da un episodio ricordato da Leonardo Sinisgalli ne raccontano la storia per immagini.
La Porta, opera bronzea dedicata a Papa Giovanni XXIII, fu realizzata grazie al fondamentale intervento del sacerdote lucano Don Giuseppe De Luca che, in un pranzo in Vaticano a base di pasta e fagioli, voluto da Papa Giovanni XXIII, portò i fagioli ed una busta di peperoni rossi essiccati al sole e suggerì alla suora che si occupava dei pasti del Papa come prepararli (fritti, quindi cruschi).
Fu così che alla tavola del Papa giunse una zuppiera con la pasta e fagioli accompagnata dal grande piatto con i peperoni cruschi, lucidi e croccanti, che attrassero l’attenzione del Papa per l’aspetto e ne accesero l’interesse al momento dell’assaggio.
“Un cucchiaio di pasta e fagioli ed un bel morso al peperone crusco!”
In quello stesso momento Don Giuseppe disse al Papa del cruccio di Manzù per il progetto della “Porta” che non andava avanti dal 1947 (dieci anni prima dell’incontro), per incomprensioni e diverbi con un’apposita commissione cardinalizia costituita per seguire la realizzazione dell’opera. Il Papa allora, tra un peperone e l’altro, bendisposto dall’atmosfera, disse al Manzù: “Ti libero dei legacci della commissione e tu però concludi l’opera entro un anno”. E così fu.
(Dettaglio della Porta della Morte)
L’intermediazione di don Giuseppe De Luca presso papa Giovanni XXIII, durante questa cena a base di peperoni di Senise, riuscì a dare via libera alle idee di Manzù (comunista cresciuto all’ombra dei valori cristiani, e che voleva rappresentare proprio la sua idea di laicità cristiana) ed arrivare entro un anno alla realizzazione della “Porta della Morte”.
Dall’intenso color porpora, dalle virtù mediche, chimiche nonché gastronomiche, il Peperone Crusco, conosciuto anche come “Oro Rosso”, è una vera eccellenza gastronomica, da sempre legato a quelle che sono le origini letterarie di una terra forte, appassionata e vera: la Lucania.
Il noto chef lucano, cibosofo, Federico Valicenti, ha preparato, ispirato dal nostro aneddoto storico, una ricetta che ripropone proprio la pasta e fagioli con i peperoni cruschi.
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Maria Teresa Amorosi